TITTI (la gatta di campagna) di Giuseppe Alibrio

Il clacson conosce la furbastra
e il suono la fa accorrere improvvisa,
la caccia o il pisolar lasciando sul momento.
Già da lontano ne sento dell'ugola ogni tono
accompagnato dal vento che risuona
e '' Titti '' si presenta   < malandrina >

Il miagolio festante 
di ''Titti '' la mia  gatta agreste
è sinfonia, d'armonico concerto
per le mie orecchie aduse alla poesia.
Fissa i miei occhi con gli azzurri suoi
come a implorar blandizie e adulazion dai miei.

I sentimenti nobili e felini,
della mia gatta che con le fusa manifesta
il cuor mi illanguidiscono per prima;
la devozion sospira la gattina
e a leggeri morsi insidia le mie mani
per richiamar di più ogni attenzione.

Abbozza una carezza o si strofina
col sinuoso corpo che par fatto di lana 
e con la bocca aperta miagola e mi chiama
come se fosse una piccola bambina.
Sornione anch'io la fisso e l'accarezzo 
ma lei che mi conosce bene
miagola più forte e par che dica: 
          ….sola non mi lasciare in mezzo a tante pene.

Io che oggi son già triste di mio
la guardo, l'accarezzo e parlo a cuore aperto;
'' mia Titti campagnola gatta, 
tu vivi nel deserto d'ogni affetto
e in mezzo alla campagna sogni ad occhi aperti,
mentr'io che a lavorare son costretto
             …… domani alzarmi dovrò presto. …Ciao, ciao.


CASTELLUCCIO  17 Settembre 1998

Titti l'avevamo lasciata nella casa di campagna e lei
si era abituata a viverci da sola ma ogni volta
nel momento di lasciarla ancora era un tormento per entrambi.



Per gentile concessione dell'autore Giuseppe Alibrio