Where is my pussy pussy pussy pussy? di Cristina Sparagana Sgusci dal buio, tu, randagio immemore, la coda un aspide di temporali e di perle di zucchero. Rinneghi il mio trascorrere sul vano lieve che ti fissa all'asfalto, delicata daga dell'estinzione che s'interra, che risorge, che trema nel ventaglio delle farfalle di catrame. Nuoti, vela di bucce e scarpe senza suole incagliata al marezzo. Quanti nomi e singhiozzi di bambini ti hanno fatto così, reciso al mezzo e pianto, come un canto dissepolto dal nero della nota e steccato sul nascere, remoto alla battigia e al futile ricordo. Morto, sì. Forse morto o piuttosto confitto come un sasso dal fiore duro della porcellana fra le macerie dei motori in fiamme, i cartoni del sonno e la cadenza. Il resto è croce, è riga, è vuoto a perdere, è passo chiuso, luminosa assenza.A Gomez di Cristina Sparagana
Amate gli animali. Dio ha dato loro un inizio di pensiero e una quieta gioia. Non inquietateli, non tormentateli, non togliete loro la gioia: non opponetevi all'intenzione di Dio. Fedor Dostoevskij "I fratelli Karamàzov" Parlami del tuo vuoto scapestrato, del tuo giocoso nulla, della luna inebetita e mutila, dei grilli, del lungo diapason dell'erba, il filo della tua parca silenziosa. Mordi il tuo sudicio San Giorgio. Fatti lancia di nardo screpolato prima che l'urlo della porcellana ti deformi il sorriso. Evoca rulli di tamburi, lutto, soldatini di piombo. Gonfia di familiari batticuori la vela d'oro dell'ignoto. Torna. Modula il tuo morigerato addio. Sfodera al buio i dieci temperini dei tuoi pugni d'ortica. E adesso Addio.
I Gatti di Roma
I coro Noi siamo i gatti i gatti i gatti, siamo il sottobosco grigio della luna. Siamo i custodi dei sepolcri. Siamo le custodie pelose dei violini che dileggiano l'erica e l'incuria. Muoviti piano fra di noi tu, novi- lunio di pelle pustolosa, muovi, fiore di morte, a noi che miagoliamo. Muoviti casto. Muoviti con piano equilibrio lunare e pellegrino. Muoviti malinconico, minore bemolle sordo dei motori. Muovi senza morire incontro a noi, furtivo fra i malarici miasmi della sera delle spighe e dell'erba, della mera contagiosa cancrena dei tuoi mari. Muoviti con il passo dei corsari maleodoranti delle strade. Muovi. Muovi verso di noi che siamo mani di mucillagine nell'atmosfera. Nell'ammaliante avversità, nell'era delle macerie manomesse e infine nell'afrore dei mastici remoti. Un uomo che passa Io li vedevo a sera. Erano grumi d'oscurità divaricati al pianto cupo dei pini. Passeri e bambini si contendevano la rosa grigia del loro bavero di pruni, i fili dei loro trasognati favoriti odorosi di lische e di fondali. Io li vedevo fermi fra i fanali dei lastroni sbrecciati e del porfidio. Li vedevo sondare il marmo grigio come piccoli e lievi palombari in picchiata sul mare delle pietre. Li vedevo strisciare fra le chiese sgretolate dal piombo delle voci. Erano bolle di frumento greve che rotolavano rabbrividendo sui passi immoti della notte: sette nell'occaso dei cembali dischiusi, otto al piffero nero dei rondoni, nove, al tamburo calmo e trasversale della buie novene, dieci: cori miagolosi, latenti, d'agnus dei, undici sbattagliando sui cortei con le code impigliate ai campanari, dodici, do di petto negli excelsis trafugando le tombe dei pietosi. Una donna che passa Erano le premesse del flagello, dell'ortica, del graffio e della quiete. Erano il non sum dignus delle pietre, variegate lanugini di grasso. Li vedevo sostare sopra un sasso, quella sosta composta e lacerata, la celata del muso, la cordata di quella vaga ascesa al sacramento, al sacro mento degli imperatori. Li vedevo franare vivi, nuovi satellitari piccoli narcisi in un campo di morti, con i visi a sghimescio sul nodo delle croci. Hanno passi da rettili, hanno voci che dilungano l'egloga del cielo. Coro Ripetete mea culpa, mea mea culpa, colpa del male e della notte, mala- sorte del nero che ci assilla come un marchio d'infamia amara… amara… Colpa di chi non ci ama e della squilla della Torre Argentina. Malafama che non muore non muore che non muore e non mai morirà e morrà con noi sotto le tibie dei sepolti vivi. Un poeta Guarda quello tigrato, il tricolore bitorzoluto astro d'argento, lento come un veliero zavorrato. Guarda il soriano, guarda il maculato violinista che viola le volute delle terremotate sagrestie. Guarda quello ferito, con le strie che gli spezzano l'orbita dell'occhio. Guarda quello che vive nel malocchio dei tramonti del Tevere curiale. Guarda quell'altro come avanza frale sulla triplice foglia dell'ortica. Guarda quello malarico, la rica- duta terribile del primo, gobbo claudicante monatto del terrore. Guarda con quanta angoscia, quanto orrore modula il suo frusciante dietrofront, la piroetta astrale della fuga. Guarda il suo corpo madido di luna. Un bambino Uno lo ritrovammo sulla strada dell'idroscalo di settembre. Era un fiore putrido di scoglio. Era una stella di mare trafugata. Aveva gli occhi bainchi come pietre che fissavano il cielo di profilo. Una bambina Ne liberammo un altro ancora vivo da un cavallo di latta arrugginito: lo battezzammo Tetano, in ricordo della sua sagoma di dio mendico. Bambino Lo rapimmo al cordoglio delle mosche. Raccogliemmo lo iodio del suo cuore. Era appena trascorsa mezzanotte. La sua vista ci diede il batticuore e lo adagiammo sul catrame, mesti, come su un campo tiepido di more. I Bambina Dalla volta mancina penzolava una collana di cornacchie, e il sole si inginocchiò commosso sulle onde, progenie pallida del faraone Bambino Cercammo i denti: ne trovammo due, sufficienti per farne un ciondolino, e fu solo il più piccolo di noi che se li incastonò sotto il respiro. Bambina Teresina incontrò il Gatto Mammone: fece una riverenza e il re infinito sconfinato e purissimo, pulito, la guardò coi suoi lunghi denti d'oro, prese una stella e gliela mise al dito. Una zingara Tu tornerai fra i gatti delle strade. Tu tornerai fra i gatti delle foci. Tornerai fra le voci voci voci dei tamburi, le fogne, le cloache. Un americano che passa Oh, I cain't say no, I cain't say no. People we'll say we're in love. Oklahoma! Come you may. I'm Curley, you're Laurey! Coro Noi siamo i gatti, i gatti, i gatti, i gatti. Siamo l'amniosi e il sottosuolo. Siamo la melissa selvatica, la menta, la megalopoli, la sua lamenta- ta lamentosa lamentosa mesta melanconica musica molesta. Siamo i magi, i marrani, i mauritani, i mardi gras, le menadi, le mani matriarcali del borgo, le comari, le megere, le maschere, le immani metrostrutture delle pietre, pietre, le mamma roma, le madonne liete. Noi siamo l'egloga di maggio. Siamo Campo Marzio bruciato. Il monticiano mirabolante specchio delle case, Monticelli, Testaccio, Mantellate, Monte de' Pegni, Monte Mario, Capo Le Case. Riva Falconieri. Cognitivi, sapienti, ignominosi, ignoti, ignoti, ignoti come voi non credete di essere ma siete. Un angelo che passa L'equinozio vi cinga, vi coroni di moscerini furibondi. Scenda l'ora legale, l'azalea, la lenta voce delle converse tiberine sui cartoni muschiosi, sui confini della vostra indelebile legenda. Nunca et in hora nostrae mortis. Coro Ronzano i passeri sui sassi, ronzano l'ago del sole, la sirena, i rossi rutilanti risciò delle ambulanze. Ronzano i forasacchi, i merli, i fossi, i rondò delle rose, il fuso, il fuso della sorda cicala, ronza il sangue delle feroci mosche cavalline. Ronzano i musi dei ronzini, i santi ronzinanti dei secoli. L'occaso ha capovolto i simboli, il tamburo ha fustigato la follia, chiassoso andirivieni di lambrette, storia di vespe piaggio arroventate, plagio americano di solarità mediterranea e neghittosa, posa di starlets sorridenti, silenzioso rococò di Rofolfi Valentino rozzi, rampanti, freschi, inamidati, Ronzinante e Lucifero, soldati, rotondità pedestre, Roma, Roma. Una gattara Zuccherino mio bello, Zufolino, tu, Zebretta, vie' qua, tu, Zorro mio, Zita de mamma, Zorba, Mazzarino, Mascherina, Maschietta, Lazzarona, e tu, Mazzo de scopa, Naso mozzo! lassate accarezzà… Quanto sei secco! Che t'hanno fatto all'occhio, fa' un po' vede, sei zompato de novo dentro ar secchio. Non non lo fa' più, ma che te voi ammazzare? E quante vorte mamma te l'ha detto… Zoticoni… Finocchi… Guarda qua, un sorcio morto e la nettezza urbana che viene a fa', impiccatevi! Zigana, non pestà a Saturnino, uh, guarda questo! È novo novo, chi ce l'ha portato? L'artra vorta qua sotto ci ho trovato pure un preservativo… Forza, belli ch'è arrivata la pappa, c'è er vitello, er tonno e le alicette… Ieri sera tu non te ce stavi qua, tesoro mio, sei novo novo sei, povero cocco, come t'hanno conciato 'sti ladroni… ma che ci hai sulla coda, un forasacco? Vie' qua, vie' qua ch'è tutta robba bbona… Zuccherino, Maschietta, Zufolino… Guarda 'sto sole com'è andato sotto… Ah, sei conciato bene, sei conciato! Mazzarino, l'hai fatto er cortisone? Te lo porto domani. E state boni…. Vie' qua, Stellina, zoccoletta d'oro. Sempre in calore, tu, mortacci tua… Guarda la torre, er muro, l'abbazzia… me lo diceva sempre mamma mia, quando fa cardo a Roma nun te movi. Ah, ce risemo! Ma la voi pianta'? Tu te ce impacchi a fatte fregà er tonno. E daje e daje e daje, è er finimondo. Guarda 'sto sole com'è tramontato…